Le famiglie oggi

E’ indubbio che la famiglia patriarcale sia scomparsa e che la figura del padre inteso come depositario di un sapere, di un costume e di una tradizione da trasmettere sia messo in discussione dalla rapidità con cui i mestieri, gli scenari economici e culturali oltre che geografici si evolvono. Nemmeno l’istituzione scolastica si è salvata da questa sottrazione di autorevolezza: se fino a qualche decennio fa l’esito naturale di un corso di studio conduceva ad una precisa professione oggi sappiamo che un laureato in architettura, un geometra, un avvocato non sanno realisticamente che tipo di lavoro riusciranno a svolgere.

In un’epoca senza ideologie e prive di ideali forti, insofferente a ogni autoritarismo, i ruoli genitoriali appaiono così deboli e spesso conflittuali non in grado di imporre un modello al quale attenersi.

Se il piano del fare, del sapere degli adulti e delle istituzioni è rimesso costantemente in discussione, anche quello dell’essere e dell’appartenenza mostra il fiato corto. La famiglia come luogo di contenimento e crescita del bambino, svolge a fatica la sua funzione.  Il bambino, spesso unico figlio, stenta a trovare una sua naturale collocazione nel traffico domestico. Dove “mettere il figlio appena nato” è una realistica preoccupazione dei genitori, assillati dalla necessità di rientrare subito al lavoro per non rischiare di perderlo.

I media ci hanno ormai abituato alla descrizione di bambini iperprotetti o di bambini soli in compagnia della Tv e dei giochi elettronici, spesso precocemente e solo apparentemente cresciuti, affidati nel migliore dei casi a nonni e babysitter, sequestrati in casa o sguinzagliati tra mille attività, affamati di relazioni con i loro coetanei, sostituti della famiglia. Bambini ricoperti di giochi quasi a voler compensare attraverso questi oggetti l’assenza di cure e di attenzioni reali. Ragazzi dediti all’uso di sostanze fin dalla preadolescenza, e che stazionano fino a oltre i trenta anni tra le mura domestiche.

Ho l’impressione, lavorando da anni con i genitori, che la famiglia attuale non sia riducibile solo a questo scenario di deprivazione affettiva e culturale. I bambini di quest’epoca sono anche figure preziose, merce rara da allevare con amore, dotati di talenti che il genitore attento vuole scoprire e far sviluppare accostando di volta in volta attività artistiche, sportive più congeniali. Bambini non più concepiti come selvaggi da civilizzare, o come figure da terrorizzare e piegare al principio della realtà, ma piccoli dotati di una loro personalità, di un potenziale affettivo, bambini da amare per ciò che sono e per ciò che vorranno essere. Ragazzi che pur entrando in contatto con le droghe non diventano necessariamente tossicodipendenti e giovani che possono restare in famiglia grazie anche al fatto che la conflittualità si è progressivamente ridotta e che la sessualità non sia più un tabù e una pratica di cui vergognarsi.

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